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La felicità - scheda 2

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LA FELICITA’

Siamo cercatori di felicità, appassionati e mai sazi. Questa inquietudine ci accomuna tutti. Sembra quasi che sia la dimensione più forte e consistente dell'esistenza, il punto di incontro e di convergenza delle differenze. Non può essere che così: è la nostra vita quotidiana il luogo da cui sale la sete di felicità. Nasce con il primo anelito di vita e si spegne con l'ultimo. Nel cammino tra la na­scita e la morte, siamo tutti cercatori di felicità.

Qualcuno va oltre, pensando: smettiamola di so­gnare e accontentiamoci di quello che possiamo avere tra le mani. Pazienza, poi, se dobbiamo sottrarlo, violentemente o astutamente, ad altri. Questa è la vita. Non è più saggio rassegnarsi?

La nostra esperienza quotidiana è spesso ten­tata di cadere nella rassegnazione e nel cinismo, eppure si spalanca continuamente verso una for­te necessità di speranza. Ma che cosa significa sperare? La speranza ha a che fare con la gioia di vivere. Suppone un futuro da attendere, da pre­parare, da desiderare. Sentiamo che la speranza richiede e suscita unità nel cuore: da senso e mo­tiva ogni nostro sentimento, ogni nostra aspira­zione, ogni nostro progetto. Promuove anche unità nella storia: nelle tante cose che pensiamo e che facciamo ogni giorno ci può essere un filo conduttore che collega e illumina tutto quanto. Se c'è speranza, c'è pazienza e c'è la vigilanza che sa vagliare e spinge all'impegno in ogni cosa.

Non si può vivere senza speranza: sarebbe co­me vivere senza riuscire a dare una prima inizia­le risposta all'interrogativo « perché sono al mon­do »? Tutti abbiamo bisogno di un orizzonte di senso, per dire qualcosa di vero sul nostro futuro. Ha senso sperare che ciò che desideriamo si at­tui; così pure ha senso sperare di avere successo nei singoli aspetti su cui puntiamo. C'è una spe­ranza a livello personale e c'è una speranza a li­vello storico-cosmico. Il tempo e le circostanze sono importanti per dare un contesto e un conte­nuto alle nostre speranze.

C'è una speranza che nasce e cresce grazie ai rapporti con le persone; anzi certi rapporti, aperti al dialogo e alla collaborazione, generano speran­za, perché ci fanno sentire accolti e cercati e ci stimolano all'azione. Ma è possibile pensare e de­siderare la speranza come dono che viene a noi in modo imprevedibile, come intervento non soltan­to umano? Un dono che trascende le nostre pos­sibilità, la nostra progettualità, i nostri orizzonti?

Nei momenti più felici, come in quelli più profondi, anche quando sono sofferti, sogniamo una speranza che crede e che ama: la speranza di chi si sente amato, cercato, sostenuto nel quoti­diano, in un crescendo di senso, di gioia, di ope­rosità costruttiva, che va oltre la fine di tutto. È questa la speranza che viene da Dio?

La felicità = sentirsi amati e poter amare

La felicità = sentirsi realizzati nella vita

"Che cos'è la felicità?", una risposta preliminare è che la felicità non è una cosa che si possa determinare in maniera univoca ed oggettiva. La felicità non è neppure un modo d'essere universale, giacché un certo modo può essere felicitante per una persona e non esserlo per un'altra. La felicità va considerata piuttosto come un valore multiforme, che non racchiude in sé nessuna forma, e soprattutto come un valore simbolico, nel senso che gli uomini la possono pensare solo attraverso immagini o idee, capaci di alludere ad una vastissima serie di componenti.”

La felicità è una condizione di gioiosa serenità, di contentezza tranquilla ma pervasiva, che nasce da una condizione mentale di armoniosa unione del mio 'io' con me stesso, con gli altri, con la natura, con il Tutto.