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Mar
26
2011

Ritiro catechisti cittadino 26 marzo 2011

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Ritiro catechisti città di Pioltello

26 marzo 2011

VIANDANTI DELUSI

UOMINI ARDENTI

sulla strada verso Emmaus

“Erano morti, ma camminavano con il Vivente.

Erano morti che camminavano con la stessa Vita”

 S. Agostino

 

 

 

Dal Vangelo secondo Luca (24,13-35)

13Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, 14e conversavano di tutto quello che era accaduto.

15Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Cleopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno

crocifisso. 21Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro 23e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! 26Non bisognava che il Cristo soppor-

 tasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 28Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. 32Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». 33E partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme,

dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34 quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto, ed è apparso a Simone». 35Essi poi riferirono ciò che era accaduto

lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Lo stile di Luca:

  Luca ha costruito il racconto dei discepoli di Emmaus secondo uno schema di andata e ritorno, che poi si trasfigura in un cammino interiore e spirituale.

In apparenza tutto avviene lungo la strada, un moto che va dalla speranza perduta alla speranza ritrovata. I discepoli erano demotivati, tentati di lasciar perdere tutto, non vi è ragione di rimanere lì.

Al termine del cammino ci ritroviamo di corsa, gioiosamente. Un passaggio dalla tristezza alla gioia, che richiama quello avvenuto dalla croce alla risurrezione.

La narrazione di Luca si svolge in tre luoghi:

ü  La strada (vv. 13-28)

ü  Il villaggio di Emmaus ( vv. 29-32)

ü  Gerusalemme (vv. 33-35)

Si possono evidenziare tre fatti ben precisi:

ü  Gesù che si avvicina e cammina con i 2 discepoli (v.15)

ü  Spezza il pane (v. 30)

ü  Sparisce dalla vista (v.31)

“Avvenne”, che significa l’irrompere di un fatto  assolutamente inedito che non si può prevedere ne tantomeno pretendere. Inserendosi nel cammino dei 2, Gesù prende in mano la situazione, il loro non è un semplice cammino verso Emmaus, diventa un cammino verso l’incontro con lui. Un cammino del tutto paradossale: quello che doveva essere un percorso di allontanamento, diventa il cammino dell’ incontro, proprio perché Gesù si mette sul sentiero dei discepoli, si pone accanto a loro.

Il percorso interiore:

Ecco quindi il percorso interiore che siamo chiamati a fare:

ü  Come primo passaggio pongo in evidenza tutto quello ce riguarda Gesù Nazzareno. Tale racconto non si conclude con il riconoscimento messianico e profetico di Gesù anche dopo la condanna a morte. Ai due sfugge totalmente il legame di  continuità  tra il profeta potente e il messia crocifisso. Si tratta allora di guardare  la croce  in modo radicalmente nuovo, essa non è la smentita della speranza, bensì il suo fondamento.

ü   Come secondo passaggio mostra come la croce sia  al centro dell’ avvenimento cristiano, al centro dell’ annuncio della  Pasqua: quel doveva (v. 26) ci dice che quella cosa  accadere  e non di un incidente di percorso , una disgrazia imprevista: è il punto d’arrivo intenzionalmente perseguito. Il percorso interiore della fede mostra come la croce non contraddica la potenza di Gesù, ma mostra la sua reale potenza d’amore. La croce pertanto dice il tipo di messianicità propria di Gesù, quella cioè del servo, quella di chi dona se stesso.

ü  Un ultimo passaggio: la sparizione di Gesù dai discepoli vuol far capire che la comunione  di Gesù non è quella del possesso di Lui, ma quella della comunione con i segni del risorto. Infatti riconoscere è molto più che vedere: anche prima i discepoli vedevano il Signore senza riconoscerlo, con lo spezzare del pane lo hanno riconosciuto.

 

 

Il tempo dell’ assenza:

 

ü  Da qui comprendiamo che non si ha tanto bisogno di racconti, si ha bisogno piuttosto di intuire dove il Signore ci stia conducendo attraverso le tappe, i fatti e le chiamate che egli stesso ci offre lungo la vita. Ognuno di noi deve ritrovare quelle risonanze particolari, dal momento che questa pagina dialoga con la nostra vita. Ognuno di noi è chiamato a essere discepolo di Gesù e che tale modalità ha un tratto fondamentale: il servizio al Vangelo, tra i nostri ragazzi e nelle nostre comunità. Allora in questo brano raccolgo una provocazione: può accadere che crediamo di sapere tutto su di lui ma senza riuscire a riconoscerlo. Vi è un parlare di lui che non ci svela il suo volto, a volte questo non riconoscimento è dovuto al fatto che immaginiamo noi stessi diversi da quello che siamo, sogniamo cioè di essere qualcos’altro rispetto a quello che siamo in realtà.

ü  Infatti il nostro tempo è il tempo dell’ assenza di Gesù, e dobbiamo saper sostenere tale assenza. Il testo ci dice che è possibile riconoscerlo, anzi essere in comunione con lui, attraverso i segni e i simboli, nella parola nel pane spezzato. Il nostro è il tempo del pellegrino, del viandante.

ü  Un altro rischio al riconoscimento è che il nostro approccio alla Parola sia troppo funzionale a ciò che dobbiamo spiegare agli altri. Si ha quasi paura di attenuare la bellezza di un approccio più profondo alla Parola stessa. Occorre una certa gratuità di abbandono alla Parola.

Il tempo della riflessione personale:

ü  Come sostengo l’assenza di Gesù?

ü  Come proseguo il mio cammino di ricerca, sapendo di non poter disporre di lui a mio piacimento?

La dimensione dell’ assenza del Signore la si “sopporta” proprio con una ricerca più intensa, con un desiderio più profondo.

Preghiera

 Sei tu, Signore, la via:

aiutaci a tenere il tuo passo,

rendici capaci di accordare le note

della nostra vita con la tua Parola.

Scaldaci il cuore

e insegnaci ad affiancarci ai nostri fratelli

con la tua stessa discrezione

attenzione e cordialità.

Donaci di seminare solo parole di verità,

conforto e speranza

dopo aver ascoltato e condiviso

le attese di chi ci cammina accanto.

Resta con noi, Signore!

Non manchi mai una mensa e una locanda

in cui Tu, dolce ospite,

spezzi il tuo Pane per noi.

Il tempo dell’ assenza nel nostro essere educatori e catechisti:

 

Mettiamo sempre in chiaro alcune premesse che non diamo per scontate,ma che stanno alla base di ogni nostro rapporto con i ragazzi e i giovani. Noi desideriamo aiutarli a incontrare Gesù, che viviamo come il centro della nostra vita e che desideriamo diventi anche per loro. Sappiamo che c’è una Parola che è il vangelo e che vorremmo che giovani facessero diventare la loro bussola, il loro stile di vita

Desideriamo per loro la felicità che ha come programma le beatitudini.

Vogliamo aiutare la chiesa a dialogare, non ad accalappiare o

ad affascinare a buon mercato.

Il primo spazio del linguaggio che sta ridiventando, ma lo è sempre

stato, importante è la ricerca di senso. Spesso parlando con i ragazzi escono alcune affermazioni come queste:

  • Essere giovani è sentire che nel pieno dello star bene ti assale una voglia di oltre, di completezza, di pienezza che non riesci a sperimentare. Hai un cuore che si allarga sempre più, le esperienze fatte non sono capaci di colmarlo.
  • Essere giovani è sentirsi dentro un desiderio di altro cui non riesci  a dare un volto, anche il ragazzo più bello che sognavi, ti comincia a deludere e la ragazza del cuore ti accorgi che ti sta usando.
  • Essere giovani è alzarti un giorno e domandarti, ma dove sto

andando, che faccio della mia vita, chi mi può riempire il cuore? Posso realizzare questi quattro sogni che ho dentro, c’è qualcuno che lassù mi ama? Che futuro ho davanti?

Ø  Essere giovani è capire che divertirmi oggi per raccontare domani agli amici non mi basta più. E’ avere una sete che non ti passa con la birra; aver rotto tutti i tabù di ogni tipo spinello, coca, ragazzo, ma sentire ancora un vuoto.

Le domande di senso hanno sempre un sopravvento indiscusso. Non c’è un ragazzo che non se le senta addosso e che faccia fatica ad ammettere di essere sempre al punto di partenza. Sono domande cui nessuno aiuta a rispondere. L’unica risposta è riempire la vita: questo lo fa la scuola, così non si sta a pensare tutto il giorno; e qui però  si rischia di essere frustrato e umiliato; lo fa lo sport, che fa credere che ci sia qualcosa di importante nella società. La risposta a queste domande è sempre in un grande ascolto. Il primo linguaggio che si può usare con i giovani è l’ascolto gratuito, senza pagare pedaggi, senza esigere propositi, senza offrire ricatti.

 

Come ascoltare:

In genere il mondo adulto si atteggia anche senza volerlo in due modi

opposti:

  • ritiene che il giovane abbia niente da dire alla sua vita e alla vita del mondo, ma che sia solo un barbaro che deve essere istruito
  • che invece sia il vero solutore di tutti i problemi con la sua autonomia, libertà, spensieratezza per cui lo si continua ad esaltare.

In ambedue questi modelli l’adulto ne esce perdente, perché non

apprezza il giovane per i valori che ha e rinuncia alla sua esperienza

preziosa e insostituibile per cercare indice di gradimento.

 

La ricchezza della chiesa invece sta nel mettere in circolo giovinezza e età adulta, esperienza e dato di fede. Informazione e saggezza, passato, presente e futuro.

La novità cui applicarsi è quella di dare all’ascolto e al dialogo una

valenza non così banale di adattamento o di imposizione, ma di porre in seria mutua interrogazione: domande e fede dei giovani e vita e

esperienza di fede egli adulti: la vita dei giovani e degli adulti è l’unica carne in cui può prendere corpo la Parola di Dio, oggi. E l’evento della fede è l’unica possibilità che è data all’uomo per superare la sua invincibile povertà. L’esperienza di fede è un valore inestimabile, è il segreto della felicità della persona e la vita della persona è la condizione indispensabile perché la fede sia viva, autentica, sia la salvezza oggi dell’uomo e della società. Se la vita viene a contatto con la fede, ne rimane esaltata. Se la fede entra in questa vita dei giovani di oggi viene arricchita della loro passione, delle nuove sintesi cui stanno portando l’umanità, dei loro doni, della loro creatività e gli adulti sono aiutati a convertirsi e rinforzano la loro esistenza credente.

Risultato del dialogo allora diventa un nuovo cui la vita si apre e la parola innerva.