La ricerca della vera felicità.
«BEATI I MITI»
La terza beatitudine riguarda la mitezza ed è particolarmente interessante approfondire questo atteggiamento che noi oggi riteniamo poco popolare. Il termine 'mitezza', infatti, non solo non è usuale nel nostro linguaggio ma quando lo si impiega intendiamo attribuirgli una certa sfumatura negativa, confondendolo con debolezza, facile accondiscendenza, oppure con l'imperturbabilità propria di chi si controlla magari per calcolo, per capacità politica. Talora evochiamo addirittura l'uomo che si lascia facilmente imbrogliare, che non riesce mai a cavarsela.
I miti erediteranno la terra
«Beati i miti perché erediteranno la terra» (Mt5,5).
1. La parola greca, praeîs che nella Bibbia della CEI è tradotta con 'miti' ha diverse altre traduzioni. La Bibbia Interconfessionale preferisce la dizione: «Beati quelli che non sono violenti perché Dio darà loro la terra promessa».
Un esegeta tedesco sceglie un termine che significa 'coloro che sono cortesi, gentili, affabili, accoglienti, buoni di cuore'. E ancora un esegeta traduce: «Beati i sottomessi».
Non è facile dare un senso preciso alla parola 'miti' perché la lingua ebraica non ha un vocabolario simile a quello cui noi tendiamo idealmente, un vocabolario tecnico, dove ogni termine ha un significato preciso e a ogni diverso significato corrisponde un termine diverso.
L'ebraico conosce una ricchezza di sinonimi, associati gli uni agli altri, proprio per dare una impressione globale più che una definizione rigorosa.
Per questo noi comprendiamo abbastanza genericamente che cosa si indica con la categoria dei miti, ma non riusciamo, a partire soltanto dai contesti dell'Antico Testamento, a spiegarla esattamente e chiaramente.
La parola miti indica forse una situazione sociale sfavorita (i poveri, gli sfortunati, gli oppressi), oppure un atteggiamento del cuore (gli umili, coloro che non usano violenza, che non sono prepotenti, che usano con moderazione dell'eventuale potere, che non prevaricano) ?
Credo che per mitezza si debba intendere la capacità di distinguere la sfera della materia, dove opera la forza, dalla sfera dello spirito, dove opera la persuasione e la verità. Mitezza è la capacità di cogliere che nelle relazioni personali - che costituiscono il livello propriamente umano dell'esistenza - non ha luogo la costrizione o la prepotenza ma è più efficace la passione persuasiva, il calore dell'amore.
L'uomo mite secondo le beatitudini è colui che, malgrado l'ardore dei suoi sentimenti, rimane duttile e sciolto, non possessivo, interiormente libero, sempre sommamente rispettoso del mistero della libertà, imitatore, in questo, di Dio che opera tutto nel sommo rispetto per l'uomo, e muove l'uomo all'obbedienza e all'amore senza mai usargli violenza.
La mitezza si oppone così a ogni forma di prepotenza materiale e morale; è vittoria della pace sulla guerra, del dialogo sulla sopraffazione.
Mi piace riportare l'opinione di un illustre esegeta, il padre Jacques Dupont, di cui condivido la conclusione: «La mitezza di cui parla la beatitudine non è altro che quell'aspetto dell'umiltà che si manifesta nell'affabilità messa in atto nei rapporti con il prossimo. Tale mitezza trova la sua illustrazione e il suo perfetto modello nella persona di Gesù, mite e umile di cuore. In fondo, tale mitezza ci appare come una forma della carità, paziente e delicatamente attenta nei riguardi altrui».
2. Comprendiamo allora perché Gesù promette ai miti il possesso della terra. Eredità della terra che è sicuramente la terra dei santi in cielo, ma che non è priva di riflesso sulla terra di oggi chiamata a lasciarsi modellare dalla forza del regno già presente in noi.
La rinuncia alla vendetta, infatti, la rinuncia alla sopraffazione, alla prepotenza, fa trovare al cristiano, in ogni occasione, la via per aprire spazi alla misericordia della verità, alla costruzione di un nuovo volto della società.
Naturalmente, la mentalità evangelica della mitezza matura soltanto lentamente nel singolo cristiano e ancora più lentamente nell'esperienza dei popoli. Bisogna essere passati per molte prove, delusioni, amarezze, sconfitte, per capire che la violenza di ogni tipo, compresa quella morale e ideologica, è alla fine perdente.
Andare d'accordo
Vi offro tre spunti di riflessione, che vi permetteranno di cogliere il messaggio permanente della parola di Gesù.
1. Con la beatitudine dei miti Gesù condanna chiaramente ogni forma di prepotenza. La prepotenza non paga. Quindi i prepotenti, che si ritengono felici in questo mondo, sono in realtà degli sventurati, perché il loro potere è logorato alla radice ed essi cadranno come un vaso di argilla che viene frantumato.
2. Il messaggio di Gesù promuove il coraggio della non violenza. I Padri della Chiesa, che hanno commentato a lungo il brano evangelico delle beatitudini, vedono la mitezza proprio come la rinuncia alla violenza, alla vendetta, allo spirito vendicativo.
3. E importante coltivare in tutto lo spirito di dolcezza, di mitezza e di pace. Mitezza è anche capacità di credere nella forza trasformante dell'amicizia.
Tre propositi
1. Non voler aver sempre l'ultima parola nelle discussioni.
Talora non ci rassegniamo a che sia l'altro a concludere il discorso e vogliamo per noi la battuta finale. Sarebbe bello imparare la beatitudine di chi, a un certo punto, sa tacere nell'umiltà lasciando che l'altro magari prevalga, perché non è poi così importante spuntarla.
2. Non rispondere al male col male.
Per 'male' non intendo soltanto le violenze fisiche ma pure quelle piccole malignità della conversazione a cui noi siamo spesso tentati di rispondere con altrettante piccole cattiverie; tutte le insinuazioni a cui vorremmo rispondere con altrettante insinuazioni; tutte le piccole allusioni offensive, che infiorano purtroppo il nostro parlare e quello altrui, a cui siamo tentati di replicare con altre allusioni offensive.
Tutto ciò va contro la mitezza cristiana, contro lo spirito di pace, contro l'umiltà vera; offusca il cuore, aggrava la mente, impedisce la preghiera, riempie la fantasia di emozioni confuse e pesanti.
Spesso non sappiamo pregare proprio perché non ci siamo trattenuti dal dire, nella conversazione, una malignità, dal fare un'allusione pungente, dal dare un giudizio che ci fa apparire superiori agli altri. In tal modo, non godremo mai della beatitudine della mitezza.
3. Infine, per vivere la mitezza, occorre una grande attenzione a coloro che sono più deboli, che sono dei miti per natura perché incapaci di difendersi.